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venerdì 29 novembre 2019

delle case dei nostri antenati dell'Ottocento : casoni, semplici ad un piano o plurifamiliari a due piani

da venetoagricoltura.org


Cason di campagna e cesura, emblemi della povertà

Questo tipo di costruzione era comunissimo nelle campagne venete, soprattutto nelle zone della Bassa, ma non mancava nemmeno in collina, come sui colli Euganei e Berici e, sia pure in forme e utilizzi diversi, persino in aree pedemontane. La squallida povertà di questi manufatti, legati a persone appartenenti al più basso gradino della scala sociale, strideva con il lusso ostentato dalle sontuose “villeggiature” di ricche famiglie nobiliari. L’Ottocento segna una svolta importante nella lunghissima storia dei casolari di canna e paglia, e da questo momento si può dire che cominci la loro fine.
Il possidente Agostino Fapanni, che a Martellago (Venezia) nel 1810 soggiornava e stava agricolando, scrisse: tutte le fabbriche coloniche o son di muro coperte di tegole, copi, oppure di paglia; queste ultime chiamansi casóni, e sono abitate da’ pisnenti. La maggior parte delle masserie e delle grandi case rustiche sono coperte da copi, hanno però quasi tutte delle aggiunte coperte di paglia.
Qualche decennio dopo per l’agrimensore Domenico Rizzi i casoni, non hanno alcuno aspetto di casa, ma bensì di tane, di covili, che troppo sarebbe anche dirle spelonche, poiché le fiere in queste trovano ben migliore ricovero, perché al disagio della natura non vi si aggiunga quello dell’arte. Miseri casolari ove langue l’umanità, e dove persone d’ogni età, d’ogni sesso respirano un’aria mefitica e direi quasi pestilenziale.
Successivamente un autorevole personaggio padovano, il marchese Pietro Selvatico, manifestò una critica ancora più forte: a quei, non casolari di paglia ma canili, che qui diciamo casoni, perché in quelle tane non può serbarsi fiorente la salute del povero colono: sono esse un vero delitto di lesa umanità.
La sentenza definitiva di condanna fu espressa in occasione della relazione per l’inchiesta parlamentare sull’agricoltura del 1882, condotta da Stefano Jacini. Il padovano Emilio Morpurgo, commissario della Giunta dell’inchiesta, suscitando ‘scandalo’ per la franchezza con cui descrisse la realtà, riportò tale e quale la descrizione del cason giuntagli all’ingegnere capo del Municipio di Padova. In essa si legge che il casolare era composto da una gabbia di legname a quattro pareti piane, collocate sopra muriccioli a secco, rifoderati spesso da canne di sorgo turco, dentro e fuori spalmate di creta; superiormente,
un’intelaiatura in legno a forma di piramide, colle facce esterne intessute e coperte di strame o di paglia, un uscio che permetta l’entrata alla gente; dentro l’angusto ambiente, il focolare cui sovrasta una qualsiasi via d’uscita per il fumo; una o due finestrelle, difese da impannate od anco da vetrate; pavimento la nuda terra: ecco l’abitazione di alcuni nostri contadini.
Nella stessa relazione, che raccoglie moltissime informazioni di esperti e amministratori locali, queste povere case vennero indicate anche in altre maniere ma sempre riconducibili ad una condizione miserrima: canili, casolari, tuguri, catapecchie, abituri, tane da bestie, casotti, bugigattoli, porcili, topaie, casupole, covi di belve, pagliai, nidi di rettili immondi e così via.
È comunque dalla fine dell’Ottocento che questa campagna contro i casoni, che oggi definiremmo mediatica, sortì i suoi primi effetti pratici attraverso la loro sostituzione con edifici eretti e coperti interamente di cotto, operazione che continuò con sempre maggiore vigore fino alla totale scomparsa avvenuta nell’ultimo dopoguerra.
Questo singolare genere di casa con la copertura di materiali vegetali, molto pendente, abitato da braccianti e divenuto l’exemplum della povertà e della misera vita contadina, era edificato dentro un piccolo fondo con pochi campi, chiamato cesura. A volte il proprietario terriero, cui necessitava manodopera al fine di coltivare le sue terre, concedeva al lavoratore la possibilità di costruire un casolare su una propria area riconoscendogli una specie di diritto di superficie, vale a dire la proprietà del solo manufatto sopra terra. In questa maniera si teneva vincolato il bracciante alla sua impresa.
In origine il cason consisteva in un’ossatura di pali di legno di robinia o pioppo, conficcati nel terreno, e in pareti tessute con doppio graticciato di bacchette di salice o di altro legno misto a càne, càne vère e canèlo, e nel coperto anch’esso rivestito di canne. Le pareti potevano essere intonacate con tivàro (creta) o malta di calce sia dentro che fuori, stesa con uno scopino, non con il comune fratazzo. Successivamente l’intelaiatura lignea delle pareti esterne, anziché con canne, veniva tamponata con mattoni crudi (seccati all’aria). Nel corso del tempo l’evoluzione permise di sostituire le pareti a intelaiatura lignea con muri dapprima di mattoni crudi e poi con quelli cotti in fornace. Tuttavia la costruzione rimaneva priva quasi del tutto di fondamenta ed era forata da piccole finestre.
La caratteristica che più di ogni altra contraddistingue il cason era rappresentata dal tetto a cuspide molto spiovente, sostenuto da un ordito di sottili pali di robinia legati con le stròpe e coperto da erbe palustri, soprattutto canna di valle o anche paglia di frumento, segale, oppure altre piante di palude (trongiàro e pavèra) negli esemplari più poveri. Ruzzante (Angelo Beolco), famoso commediografo padovano, li chiamava pagiàri. Una dréssa (treccia) di paglia incrociata, realizzata sul colmo, dove convergevano le teste delle canne delle falde, completava e sigillava il lavoro di copertura; quest’opera tuttavia non assicurava
una buona impermeabilità per cui in seguito venne sostituita dalla copàra, sorta di ‘cappello’ con doppia fila di coppi posati su un letto di malta.
I modelli più recenti dei casolari pagliareschi costruiti in gran numero nel Padovano e nel Veneziano, erano sovente provvisti di una specie di piccolo portico utilizzato come disobbligo delle varie stanze, dove collocare la scala per raggiungere il vano sottotetto.
In assenza di vero portico e quindi di scale fisse, sul tetto si apriva il bocchiéro, tipo di abbaino che serviva da accesso al sottotetto, mediante una scala a mano esterna.
Il focolare, spesso l’unica parte della casa a essere interamente in cotto, sporgeva all’esterno della facciata principale e doveva essere disposto sottovento per minimizzare il rischio d’incendio del tetto provocato da faville incandescenti.
La sporgenza a volte era talmente pronunciata da formare una sorta di abside, chiamata cavarzeràna, di solito munita di due finestrelle laterali che davano all’esterno.
L’ingresso al piano terra avveniva tramite una porta di legno a un unico battente e allo stesso modo venivano chiuse le piccole finestre. Gli ambienti interni, con pavimento solitamente di batù (terra battuta), erano piuttosto bassi – 1,80-2,20 m – e sormontati da un dozzinale solaio che occupava lo spazio racchiuso dalla ripidissima copertura e nel quale trovavano posto le cose più svariate.
L’arcaico cason di tipo monolocale, cioè senza suddivisioni interne e con la scatola muraria di materiali vegetati, imponeva la promiscuità tra i componenti della famiglia ed eventualmente anche con gli animali domestici. Nel corso del tempo lo spazio interno fu diviso con pareti prima di legno e di canne intonacate, poi di mattoni come quelle d’ambito. Dapprima la cucina venne fornita di un tipo di camino centrale, non dotato di canna fumaria comunicante con l’esterno. Il fumo allora evacuava per mezzo di un semplice foro praticato sul tetto, dopo aver vagato in cucina e anche nel portico. La situazione migliorò, ma non si risolse completamente, allorché il camino fu spostato lungo una parete esterna e munito di cappa e canna fumaria alla francese. Tant’è che il polesano Antonio Selmi a fine Ottocento ebbe modo di scrivere: a mia esperienza non vidi giammai camino e focolare di contadino che non fosse una vera punizione agli occhi pel fumo che emana, giacché può dirsi che quello il quale prende la strada del condotto per andare a disperdersi nell’atmosfera, è la minima parte. L’interno risultava tenebroso e tutto affumicato come se ci fosse distesa una mano di catrame. Tuttavia il fenomeno del fumo che ‘affumicava’ le travi e le canne, mentre tornava scomodo ai casonanti (cameranti in provincia di Treviso), giovava alla conservazione del legname e all’impermeabilizzazione del tetto. Il fumo, appunto, formando sul legno quasi una ‘vernice’, contribuiva a preservarlo dalle influenze atmosferiche, e quindi a prolungarne la durata.
Lo spostamento del focolare dal centro della stanza al perimetro della stessa fu possibile soltanto quando si sostituirono le pareti d’ambito di materiale vegetale, eventualmente smaltato di fango, con muri di pietre e mattoni. Il camino a muro, appoggiato a pareti di legno era chiaramente troppo pericoloso, in quanto poteva innescare un incendio. Quando sia avvenuta la migrazione di questa fonte di calore è difficile scoprirlo. Come in tantissime altre circostanze il processo fu lento e con alterna fortuna. Ciò che invece si può affermare senza tema di smentita è che lo spostamento a parete determinò una larga diffusione del camino, anche nelle povere case.
In generale i casolari erano costruiti dagli stessi braccianti, usufruendo il più possibile di materiali facilmente reperibili in loco e offerti dalla natura: canne palustri, paglia di segale o di frumento, pali di robinia, stròpe di salice, terra argillosa, sabbia di campo, travi e tavole di olmo, salice, pioppo o castagno. Il costo maggiore consisteva nell’aiuto del casoniére per la posa del manto di erbe palustri sul tetto e nell’eventuale acquisto dei mattoni e dei coppi cotti in fornace. Se escludiamo il ricorso al fabbro ferraio, per la fornitura della ferramenta di chiusura delle porte e finestre, e al vetraio per quella del vetro, quando le finestre non erano tappate da tela o carta oleata (impannata, spiera), per il resto si trattava di autocostruzione.
Fatto salvo il tratto identificativo costituito dal tetto molto pendente di canna e paglia, come tutte le altre costruzioni anche i casoni rurali risentivano della variabilità dell’ambiente e delle tradizioni costruttive locali.

‘Moderne’ case dei braccianti

Il bracciante, proprio perché lavoratore per conto altrui, dipendente si direbbe oggi, non era imprenditore e perciò non necessitava di avere capitali per gestire l’azienda, viveva soltanto di lavoro, magari integrava il suo modesto salario dedicandosi alla coltivazione di pochi campi della sua cesura o di altri terreni avuti in terzerìa, ottenendo soprattutto dei prodotti destinati all’autoconsumo. Quindi non aveva bisogno di veri e propri annessi rustici, ma soltanto dell’abitazione per la sua famiglia.
Secondo l’effettivo lavoro manuale svolto e secondo il tipo di contratto più o meno precario poteva risiedere nell’alloggio messo a disposizione dal padrone all’interno del fondo in cui lavorava, come nel caso del boàro che spesso dormiva in una stanza attigua alla stalla per tenerla costantemente sotto controllo. Trovava altrimenti sistemazione in abitazione esterna, di solito non molto lontana dal luogo di lavoro.
In ogni caso si trattava di abituri perlopiù privi di adiacenze e di tipo accorpato in grado di ospitare una o più famiglie. Poteva trattarsi di una casupola pagliaresca (cason), oppure di una casa cupà, coperta di coppi.
Le dimore per braccianti si espansero soprattutto a seguito del passaggio dalla grande proprietà nobiliare ed ecclesiastica ai nuovi ricchi ebrei e borghesi, trasferimento iniziato alla fine del Settecento soprattutto grazie alle soppressioni di enti religiosi e alle conseguenti aste dei loro beni. La confisca e la successiva vendita all’incanto del cospicuo patrimonio immobiliare ecclesiastico (manomorta) furono attuate dapprima dalla morente Repubblica veneta e poi da Napoleone e dal neonato Regno d’Italia. Nella successiva riorganizzazione della gestione fondiaria dei loro grandi possedimenti, in molteplici casi i nuovi padroni tramutarono i contratti di affitto in conduzione diretta con salariati o in affitto a conduttore, che pure ricorreva all’aiuto di mano d’opera esterna all’azienda, come i salariati.
Dall’alba dell’Ottocento, e più intensamente nel secolo successivo, per i braccianti e in genere per i pitòchi, ossia i lavoratori di umili origini, si cominciarono a costruire dei tipi alternativi al casolare pagliaresco, in aree situate nei pressi dei centri abitati, lungo le strade, nelle proprietà demaniali e soprattutto ai margini dei grandi possedimenti nobiliari, ecclesiastici o borghesi condotti in economia diretta o in affitto, in cui ci si avvaleva di manodopera esterna.
Queste case svolgevano le stesse funzioni dei casoni, sennonché erano erette in forma assai diversa e, se così si può dire, più confortevole.
Anch’esse erano delle semplici abitazioni prive di annessi rustici veri e propri, non essendo dotate di un’estesa superficie da coltivare. Alcuni di questi insediamenti bracciantili, nondimeno, si rivelavano dotati di una cesura, piccolo terreno coltivato a cereali, a orto o a vigneto per l’autoconsumo, soprattutto granoturco che il padrone concedeva alla parte. Il bracciante, non possedendo quasi mai animali di grossa taglia da allevare, non abbisognava di una vera e propria stalla né quindi di far scorta di foraggi nella sa (fienile) e pajàro (pagliaio). Se aveva piccole pertinenze addossate all’alloggio o più spesso isolate, esse apparivano di tipo precario, realizzate in legno, canne e stròpe, usate come pollaio, conigliera e legnaia.
Le case bracciantili erano abitazioni assai contenute nelle dimensioni, sovente a un solo piano, basse, con la copertura a due acque, eppure avevano i muri di mattoni, anche se a volte crudi e di spessore di sa piéra (una testa di mattone). Il manto di copertura formato di coppi costituiva una sorta di privilegio rispetto ai casonànti che occupavano abituri in canna palustre, non solo perché assicurava maggiore impermeabilità all’acqua piovana e imponeva minori interventi manutentori, bensì perché comportava meno rischi d’incendio, la vera ossessione degli abitanti dei casolari pagliareschi.
Inoltre non era nemmeno necessario il muro tagliafuoco, peraltro molto diffuso nei rustici emiliani e lombardi, in quanto non vi erano gli annessi facilmente infiammabili con all’interno paglia e fieno.
Tuttavia agli effetti igienici, queste costruzioni non si mostravano molto diverse dai casolari pagliareschi, a causa della saliente umidità dei muri. Tant’è vero che si arrivò a dichiarare preferibili i casoni di canne, aperti a tutte le intemperie, ove l’aria sorte senza incontrare notevoli difficoltà, rispetto alle umide e basse casupole costruite in mattoni.
Quando queste ‘moderne’ case bracciantili si articolavano in due piani, la scala si componeva di due rampe con un pàto di mezzo, alla maniera delle residenze padronali e urbane, ancorché di legno e dozzinali. La casa cupà e solerà costituiva un altro privilegio per chi la abitava. Le stanze da letto di norma erano allogate al piano superiore sfuggendo alla morsa dell’umidità che trasudava dai muri e dal pavimento del piano terreno. Inoltre, in caso di alluvione, gli abitanti potevano rifugiarsi non già sui tetti ma proprio al piano superiore. A volte questi edifici plurifamiliari si sviluppavano orizzontalmente in maniera seriale, alla stessa stregua delle attuali case a schiera.
Sulla facciata principale, allungata e rivolta sempre a mezzogiorno, come in tutti gli altri edifici abitativi, oltre ad una serie di finestre, si aprivano tante porte e spuntavano tanti camini quante le famiglie, i fóghi di antica memoria.
Il prospetto, improntato alla massima semplicità, era movimentato soltanto dai camini a sagomatura esterna, ognuno dei quali corrispondeva alla cucina di un alloggio. Le cornici si rivelavano poverissime e poco aggettanti se non addirittura assenti con i soli coppi sporgenti.
I fabbricati, declinati in maniera lineare e privi di conclusione del tetto a due falde, facilitavano la realizzazione di ampliamenti ed estensioni (sesónte) che, viceversa, nei casoni risultavano complicati, dato il tetto a quattro spioventi.
Negli edifici plurifamiliari a due piani, i locali al piano primo corrispondevano a quelli del piano terreno, per cui la divisione tra gli alloggi avveniva da cielo a terra, come nelle abitazioni urbane a schiera. In ogni caso l’altezza dei vani era ben minore di quella delle ville. Il numero ridotto dei gradini necessari per raggiungere il primo piano, lasciava maggiore spazio usufruibile.

mercoledì 27 novembre 2019

atto di nascita di Giovanna Renier di Zuanne (Giovanni), futura moglie di Bortolo (Bartolomeo) Boffo

Dipartimento del Tagliamento cantone di Asolo comune di S. Zenon  li diciassette del mese di settembre dell'anno milleottocento sei giorno di mercordì si è presentato al sottoscritto assistente al registro delli atti dello stato civile Zuanne Renier di anni trentadue di professione agricola domiciliato in questo comune nel Colmel di mezzo di sopra, portando seco un infante di sesso femminile nato in questo medesimo giorno alle ore dodici meridiane nella propria abitazione del detto Zuanne al qual infante  fu imposto il nome di Giovanna.
Il suddetto Zuanne Renier ha pure dichiarato essere la neonata figlia di lui medesimo, e di Caterina  di lui moglie figlia di Francesco Serraglio del comune di Liedolo, ambi di professione agricola.
Testimoni alla presentazione e notificazione furono li Ssri Giuseppe Bastianon di anni trenta di professione oste, ed Andrea Bordignon qm Lazaro di anni ventidue, agricolo, ambi abitanti nel comune di S. Zenon.
Testimoni....


atto di nascita di Francesco Silvestri figlio di Angela Boffo

Dipartimento del Tagliamento cantone di Asolo comune di S. Zenon giorno di sabato li quattro del mese di aprile dell'anno milleottocento sette. Al sottoscritto ufficial dello stato civile si è presentato  Pietro Silvestri di Gio.... dell'età di anni trentuno di professione villico abitante in S. Zenon portando seco un infante di sesso maschile nato in giovedì alle ore undici pomeridiane nell'abitazione di detto Pietro, al qual infante fu imposto il nome di Francesco. Lo stesso Pietro Silvestri ha pure dichiarato essere il neonato figlio di lui medesimo, e di Angela Boffo di lui moglie della medesima villica professione, ed abitante in S. Zenon. Testimoni alla presentazione e notificazione furono li Reverendo D. Giovanni Favero sacerdote dell'età di anni cinquantacinque, abitante in S. Zenon, e Giuseppe Bastianon dell'età di anni trenta, di professione oste abitante in S. Zenon.
Testimoni.....



atto di morte di Caterina Silvestri figlia di Angela Boffo

Dipartimento del Bacchiglione distretto di Bassano cantone di Asolo comune di Santo Zenone - Liedolo. Giorno di giovedì otto del mese di novembre dell'anno milleottocento dieci alle ore sei pomeridiane il sottoscritto ufficiale dello stato civile dietro l'avviso pervenutogli si è trasferito nel luogo di abitazione di Pietro Silvestri detto Pollo posto in questo comune di Santo Zenone nel Colmello Sopra Castello ove ha riconosciuto il cadavere di una fanciulla di nome Caterina  morta il giorno d'oggi alle ore undici antimeridiane nell'età di anni due e mezzo. Presenti alla ricognizione furono Pietro Silvestri di Giovanni Maria detto Pollo dell'età di anni trentacinque di professione villico e Pietro Reginato del fu Domenico dell'età di anni trentotto di professione domestico ambi abitanti in Santo Zenone. Quali testimoni unitamente dichiarano che la suddetta defunta Caterina è nata nel luogo di abitazione di Pietro Silvestri da Pietro Silvestri medesimo, e da Angela Boffo detta Toaldo jugali di professione villica domiciliati attualmente in Santo Zenone.
Testimoni....
Toffoli uff.le dello stato civile.


atto di nascita di Caterina Silvestri figlia di Angela Boffo

Regno d'Italia dipartimento del Bacchiglione distretto di Bassano cantone di Asolo comune di Santo Zenone, giorno di giovedi li ventitre del mese di giugno dell'anno milleottocento otto si è presentato all'assistente dell'ufficial di stato civile Pietro Silvestri di anni trentadue , villico di professione domiciliato in Santo Zenone, portando seco un infante di sesso femminile nato oggi alle ore cinque antimeridiane  nel Colmello di Sopra Castello nell'abitazione del Silvestri medesimo, a cui le fu imposto il nome di Caterina. Il Silvestri Pietro suddetto ha pure dichiarato esser figlia la neonata di lui medesimo villico di professione, domiciliato in Santo Zenone, e di Angela Boffo di lui moglie, villica di professione, domiciliata in Santo Zenone.
Testimoni alla presentazione e notificazione furono Paolo Pellizzari di anni quarantuno, possidente di professione, domiciliato in Santo Zenone, e Pellizzer Sebastian detto .... di anni venticinque, villico di professione, domiciliato in Santo Zenone.
Testimoni....
Giovanni Piccinin assistente uff.le stato civile.


atto di nascita di Francesco Dal Bello figlio di Maria Lucia Boffo

Dipartimento del Bacchiglione distretto di Bassano cantone di Asolo  comune di Fonte aggregato a quello di Asolo giorno di sabato li venticinque di marzo anno milleottocento e nove all'ora quattro pomeridiane, si è presentato al sottoscritto aggiunto all'ufficiale dello stato civile Sebastian Dal Bello di anni ventitre di professione villico domiciliato in questo comune portando seco un infante di sesso maschile  nato oggi alle ore dieci di mattina nel domicilio di esso presentante posto in questo comune, a cui fu imposto il nome di Francesco, il suddetto notificante ha pure dichiarato esser il neonato figlio di se Sebastian Dal Bello e di Maria Boffo ambo di professione villici domiciliati in questo comune jugali.
Testimoni alla presentazione e alla notificazione furono Angelo Comarin di anni cinquanta ed Andrea Poletto di anni ventidue tutti due di professione villici domiciliati in questo comune, ed il presente atto fu letto al notificante, ed ai testimoni da me sottoscritto aggiunto.
Testimoni.....
Gio. Battista Signor aggiunto all'ufficiale dello stato civile




martedì 26 novembre 2019

il Dipartimento del Tagliamento durante il periodo napoleonico 1806-1814


Il dipartimento del Tagliamento fu un dipartimento del Regno d'Italia dal 1806 al 1814. Prendeva il nome dal fiume Tagliamento e aveva come capoluogo Treviso.
Il dipartimento fu creato dopo l'annessione del 1º maggio 1806 da parte del Regno d'Italia di Venezia e delle sue dipendenze (Istria e Dalmazia). Il 22 dicembre 1807 i suoi confini furono modificati, cedendo i cantoni di Bassano e Castelfranco al Bacchiglione, ma ottenendo Pordenone e Spilimbergo da Passariano. Col passaggio del Veneto all'Austria nel 1814, fu tramutato nella Provincia di Treviso.

Distretto I di Treviso
-       cantone I di Treviso

-       cantone II di Montebelluna
Cornuda, Fossalunga, Montebelluna, Pederobba, Selva, Trevignano

Distretto II di Conegliano
-       cantone I di Conegliano
 Codognè, Conegliano, Francenigo, Mareno, Orsago, San Fior, San Pietro di F., Susegana, Vazzola

-       cantone II di Oderzo
Mansuè, Oderzo, Ponte di Piave, Portobuffolé, Salgareda, San Polo

cantone III di Motta
Cessalto, Chiarano, Gorgo, Meduna, Motta

Distretto III di Ceneda
-       cantone I di Ceneda
Ceneda, Cison, Cordignano, Follina-Maren, Pieve di Soligo, Tarzo

-       cantone II di Serravalle
Fregona, Sarmede, Serravalle

-       cantone III di Pieve di Valdobbiadene
Farra, Miane, Sernaglia, Valdobbiadene, Vidor

Distretto IV di Pordenone
-       cantone I di Pordenone
-       cantone II di Sacile
-       cantone III di Aviano
-       cantone IV di San Vito

Distretto V di Spilimbergo
-       cantone I di Spilimbergo
-       cantone II di Travesio
-       cantone II di Maniago
-       cantone IV di Valvasone


domenica 24 novembre 2019

atto di matrimonio di Maria Lucia Boffo di Francesco e Sebastian Dal Bello

Dipartimento del Tagliamento, cantone di Asolo, comune di S. Zenon, oggi tre del mese  di Febraro dell'anno mille ottocento sette alle ore dieci antimeridiane, giorno di martedì, avanti di me  sottoscritto ufficiale dello stato civile comune di S. Zenon, nonchè in presenza delli infrascritti quattro testimoni, cioè SebastIan Bellati dell'età di anni cinquanta , di professione speziale di medicine figlio del qm Melchior Bellati e domiciliato in Bassano, Giovanni Pasqual di Andrea dell'età di anni ventitre di professione agrimensore, abitante in S. Zenon, Giacomo Tagliaferro detto Manar qm Giuseppe di anni ventitre di professione carrer, abitante in S. Zenon, e Zuanne Brun qm .... dell'età di anni ventisei  di professione villico abitante in S. Zenon.
Sono comparsi per contrar matrimonio Sebastian Dal Bello dell'età di anni venti, nato e domiciliato nel comune di Fonte, di professione villico, figlio di Francesco qm Giuseppe Dal Bello, e della decessa Elisabetta Meneghetto jugali, ambi domiciliati in Fonte, e di villica professione - Maria Lucia Boffo nata in Fonte dell'età di anni diciannove, di villica professione, dimorante in S. Zenon, figlia di Francesco Boffo detto Toaldo, e di Caterina Artuso jugali, ambi di professione villici, e domiciliati in S. Zenon.
Dopo di aver letto nel modo dalla legge prescritto:
1° L'atto di nascita di Sebastian Dal Bello in data di quindici gennaro prossimo passato che assicura esser egli nato in Fonte li ventitre del mese di febraro dell'anno millesettecento ottantasei da legittimo matrimonio di Francesco qm Giuseppe Dal Bello, e dall'ora decessa Elisabetta Meneghetto jugali.
2° L'atto di nascita di Maria Lucia Boffo in data delli otto del mese di gennaro prossimo decorso che assicura essere la medesima nata in Fonte li otto del mese di settembre dell'anno millesettecento ottantasette da legittimo matrimonio di Francesco Boffo detto Toaldo, e di Caterina Artuso jugali.
3° L'assenso in scritto prestato per la celebrazione del detto matrimonio da Francesco Dal Bello padre di detto Sebastian Dal Bello sotto li trentuno gennaro pross. passato.
4° L'assenso in scritto prestato per tale oggetto da Francesco Boffo padre di detta Maria Lucia Boffo sotto li trentun gennaro suddetto in cui si dichiara non averci potuto ricevere quello della madre Caterina Artuso per attrovasi mortalmente ammalata.
5° L'atto di promessa di matrimonio esteso e pubblicato da me sottoscritto ufficiale dello stato civile li diciotto del mese di gennaro prossimo passato alle ore dieci di mattina, giorno di domenica, davanti alla porta esteriore del locale della residenza della municipalità di questo comune, e replicato per la seconda ed ultima pubblicazione  nel giorno di domenica venticinque gennaro, alle ore dieci di mattina,  con aver tenuta esposta la detta promessa  con l'avviso relativo al luogo di solita affissione degli ordini governativi.
Letto parimenti il certificato dell'ufficio civile del comune di Fonte in data delli trenta gennaro suddetto, con cui assicura di aver medesimamente pubblicata la detta promessa di matrimonio con l'esposizione dell'avviso nelli detti giorni diciotto e venticinque gennaro senza che siavi stata comparsa alcuna di opposizione.
Letto finalmente il cap.o VI tit. V del Codice Napoleone dei diritti, e rispettivi doveri dei coniugi.
Gli sposi hanno dichiarato ad alta voce di prendersi rispettivamente per marito e moglie, ed io ho pronunciato in nome della legge che Sebastian Dal Bello, e Maria Lucia Boffo sono uniti in matrimonio.
Ed ho steso l'atto presente che gli sposi ed i testimoni hanno firmato assieme con me dopo averglielo letto.
Testimoni......














sabato 23 novembre 2019

atto di nascita di Maria Lucia Boffo di Francesco

9 7bre (settembre) 1787

Maria Lucia f.a di Fran.co Boffo q. Andrea e di Caterina Artuso sua moglie nata ieri alle ore ...c.a fu battezzata dal cap.o ... Tenuta da Zanmaria Filippin di questa pieve e da Laura moglie di Pietro Gazzola di Asolo.

16 Gen.io 1807.
dalla can.ca di S. Pietro di Fonte
Attesto io infrascritto che questo esemplare  fu tratto fedelmente dal libro dei battezzati di questa parrocchia in Fonte.
Antonio Carraro arc.te


atto di morte di Zuanne Boffo di Angelo da Castelcucco

Dipartimento del Bacchiglione, distretto di Bassano, cantone di Asolo, comune di Castelcucco-Paderno il giorno quattro agosto mille ottocento otto il sottoscritto ufficiale dello stato civile dietro avviso pervenutogli si è trasferito nel luogo dell'abitazione di Zuanne Possagnolo nel comune suddetto, ove ha riconosciuto il cadavere di Zuanne Boffo dell'età di anni ottanta otto di professione agricoltore, domiciliato nel comune suddetto, morto li quattro agosto mille ottocento otto alle ore cinque antimeridiane, fu ammogliato colla fu Antonia Perizzolo, stata domiciliata nel comune suddetto.di Castelcucco era di professione agricoltrice. Presenti alla ricognizione furono Pietro Migliorin dell'età di anni quarantacinque di professione tessitore, e Zuanne Possagnolo dell'età di anni ventotto, di professione agricoltore, ambi domiciliati nel comune di Castelcucco suddetto, quali testimoni unitamente dichiarano che il predetto defunto Zuanne Boffo è nato nel comune di Castelcucco suddetto da Angelo Boffo e da Maria Quarisa jugali, erano di professione  agricoltori, stati domiciliati nel comune suddetto di Castelcucco, ed il presente atto fu letto  alli testimoni dal sottoscritto ufficiale dello stato civile.
Testimoni....
Alessandro Foscarini uff.le dello stato civile.


venerdì 22 novembre 2019

albero genealogico della famiglia Renier, dalla quale discende il ramo dei Boffo di Ca' Rainati attraverso Lucia Renier ed il figlio Felice Boffo

cliccare sopra per ingrandire

atto di morte di Giovanni Alvise Renier, nonno di Lucia Renier madre di Felice Boffo

Dipartimento del Bacchiglione, distretto e cantone, comune di Castelfranco, parrocchia di Godego, il giorno di sabato sette del mese di gennaio anno milleottocento quindici il sottoscritto ufficiale dello stato civile dietro l'invito pervenutogli, si è trasferito in contrada di centro villa al civico n. 195 ove ha riconosciuto il cadavere di Giovanni Alvise Renier, morto il giorno di oggi alle ore nove di mattina nella età di anni ottantadue di professione sarto, stato domiciliato nel luogo sopraindicato, vedovo della fu Domenica Minato, era ultimamente con esso domiciliata. Presenti alla ricognizione furono Pietro Michielatto dell'età di anni cinquanta di professione tessitore, e Antonio Pellizari dell'età di anni quarantaquattro di professione agricoltore, tutti e due domiciliati in prossimità del defunto, quali testimoni unitamente dichiarano che il suddetto  Giovanni Alvise Renier è nato nel distretto di Asolo nel comune di S. Zenone dalli decessi Francesco Renier e Caterina Guadagnin jugali, erano di professione sartori ivi domiciliati. Non si ebbero le firme dei testimoni perchè furono illetterati. Si è letto il presente atto dall'ufficiale dello stato civile agli testimoni dichiaranti.
Francesco Vidali aggiunto allo stato civile.




giovedì 21 novembre 2019

atto di morte di Simion Michielatto padre di Pierina moglie di Francesco Renier, e madre di Lucia Renier, a sua volta madre di Felice Boffo, capostipite del ramo di Ca' Rainati

Dipartimento del Bacchiglione, distretto e cantone, comune di Castelfranco, parrocchia di Godego, il giorno di sabato sei del mese di giugno anno milleottocento dodici. Il sottoscritto ufficiale dello stato civile dietro l'avviso pervenutogli si è trasferito in contrada della Frata nella casa di Bortolo Michielatto ove ha riconosciuto il cadavere di Simion Michielatto morto il giorno cinque del corrente giugno alle ore otto di sera nella età di anni sessantacinque di professione pettener stato domiciliato nel luogo sopraindicato, ammogliato con Francesca Morellato di anni sessanta di professione agucchiatrice domiciliata con il defunto. Presenti alla ricognizione furono Pietro Michielatto dell'età di anni quarantotto di professione ...... fratello del defunto e Bernardo Michielatto dell'età di anni ventisei  di professione pettener, figlio del defunto, e con esso domiciliato, quali testimoni unitamente dichiarano che il suddetto Simion Michielatto è nato in questa parrocchia, dal fu Francesco Michielatto e dalla fu Venturina Zuannetto, erano quivi domiciliati.  
Testimoni....
Francesco Vidali aggiunto allo stato civile.




lunedì 18 novembre 2019

albero genealogico degli ascendenti Boffo di Cà Rainati

Albero genealogico del ramo dei Boffo di San Zenone - Cà Rainati (clicca sopra per ingrandire) che considera tutti i documenti dell'archivio napoleonico sino ad ora inseriti in questo blog.
Ricordo che da Domenico e da Domenica Mazzarolo nacque Giovanni, e dallo stesso Giovanni e Renier Lucia nacque Felice, capostipite di Cà Rainati (vedi alberi genealogici sul sito web www.casatoboffo.it)


atto di morte di Lucia Boffo di Pietro

Dipartimento del Bacchiglione  Distretto di Bassano Cantone di Asolo Comune di Santo Zenone Liedolo giorno di mercordì dodici del mese di Giugno dell'anno milleottocento undici alle ore due pomeridiane il sottoscritto ufficiale dello stato civile dietro l'avviso pervenutogli si è trasferito nel luogo di abitazione di Domenico Boffo detto Gollin in San Zenone ove ha riconosciuto il cadavere di una donzella di nome Lucia Boffo morta il giorno d'oggi alle ore dieci antimeridiane nell'età di anni quindici di professione agricola stata domiciliata in San Zenone. Presenti alla ricognizione furono li Domenico Boffo detto Gollin dell'età di anni quarantaotto di professione campanaro zio paterno della defunta, e non essendovi presenti alcun altro suo parente s'invitò a fare testimonianza Zuanne Gazzola detto Oro di professione tessitore di anni quarantaotto ambi domiciliati in San Zenone. Questi testimoni unitamente dichiarano che la suddetta defunta è nata nel luogo di abitazione del fu Pietro Boffo da Pietro Boffo medesimo e dalla vivente Maria Mazaro giugali di professione essa Mazaro agricola e domiciliata  attualmente in Pagnano frazione del comune di Asolo distretto di Bassano dipartimento del Bacchiglione.
L'atto presente  fu letto alli testimoni presenti.


giovedì 14 novembre 2019

atto di morte di Francesca Boffo figlia di Bortolo e madre di Pasqua Perizzolo

24 Aprile 1806

Francesca Boffo fu moglie di Zuane Perizolo morì di anni 52 assalita da febbre perniciosa munita di tutti li spirituali aiuti ed oggi fu tumulata in questo cim.o con l'assistenza di me d. Gio. Pilon arc.e.

Estratto fedelmente dall'originale
dalla Can.ca della Chiesa Arcip.le di Santo Zenone li 15 Febr. 1814
Bart.o Cuniali arcip.te


atto di nascita di Pasqua Perizzolo figlia di Francesca Boffo

6 Ap.le 1792

Pasqua f.a (figlia) Zuane (Giovanni) Perizolo quo. (quondam) Bastian e di Franc.a (Francesca) Boffo jugali nacque a le ore 20 di ieri, fu batezata dal Capellano Curato d. Gio. Favero, Padrini Gio. Maria Pelizari e Lucia Gazola.

Estratto dall'originale legalmente
Dalla Can.ca della Chiesa Arcip.le di Santo Zenone li 15 Febr.o 1814
Bart.o Cuniali arcip.te


atto di morte di Domenica Cavazza, moglie di Bortolo Boffo

9  xbre (dicembre) 1799

Domenica Cavazza relicta del qm (quondam) Bortolo Boffo Toaldo Gulin munita di tutti li spirituali aiuti, morì ieri sera in età di anni 68 con l'infermità d'idropisia e fu sepolta in questo cim.o (cimitero) con l'assistenza di me d. Gio, Pilon arc,te.

Concorde coll'originale, ed io ne fo non dubbia fede,
dalla Can.ca della Chiesa Arcipr.le di Santo Zenone li 15 Febr 1814
Bart.o Cuniali arcipr.e


Note:
Parroci di San Zenone :
Giovanni Piloni (1780-1810)
Bartolomeo Cuniali (1811-1840)

)

martedì 12 novembre 2019

atto di morte di Bortolo Boffo, 1770

24 Febbr. 1770

Bortolo Boffo qm Fran.co (quondam Francesco) detto Toaldo di anni 37, mesi 9 ca (circa), munito de Smi (Santissimi) Sacramenti e di male infiammatorio morì e fu sepolto in questo cim.o (cimitero) con l'assistenza di me D. Marco Donatelli Arcip.e.

Concorde all'originale, ed io ne fo certo testimonianza, dalla Can.ca (Canonica) della chiesa arcipr.le di Santo Zenone li 15 Feb.o 1814.
Bart.o Cuniali arciprete


Note:
Marco Donatelli arciprete dal 1762 al 1780
Bartolomeo Cuniali arciprete dal 1811 al 1840



atto di nascita di Lucia Boffo di Domenico, 1812


Dipartimento del Bacchiglione, distretto di Bassano, cantone di Asolo, comune di Santo Zenone Liedolo giorno di lunedì sedici del mese di marzo dell'anno milleottocento dodici alle ore otto e mezzo di mattina, si è presentato al sottoscritto ufficiale dello stato civile Domenico Boffo dell'età di anni quarantacinque di professione villico domiciliato in questo comune portando seco una infante di sesso femminile nata ieri alle ore sette di mattina nel luogo di sua abitazione a cui fu imposto il nome di Lucia. Il suddetto Domenico Boffo ha pure dichiarato essere figlia di lui medesimo e di Domenica Mazzarolo  di lui moglie du professione villica domiciliata in questo comune.
Testimoni alla presentazione ed alla notificazione furono li Domenico Toffoli di Carlo di anni ventisette di professione orefice, e Pietro Reginato del fu Domenico di anni trentanove di condizione domestico ambi domiciliati in Santo Zenone. L'atto presente fu letto al notificante e testimoni suddetti dalli quali viene firmato.


atto di nascita di Felice Boffo di Domenico, 1808

Regno d'Italia, Dipartimento del Bacchiglione, distretto di Bassano, cantone di Asolo, comune di Santo Zenone, giorno di giovedì li ventitre del mese di giugno dell'anno milleottocento ed otto, si è presentato all'assistente dell'ufficiale dello stato civile Domenico Boffo detto Golin dell'età di anni quarantaquattro, di professione villico, domiciliato in Santo Zenone, portando seco un infante di sesso maschile nato il giorno di martedì quattordici corrente alle ore undici pomeridiane nel Colmello di Sopra Castello nell'abitazione del Boffo Domenico suddetto a cui fu imposto il nome di Felice.
Il suddetto Domenico Boffo ha pure dichiarato esser figlio il neonato di lui medesimo, villico di professione, domiciliato in Santo Zenone, e di Domenica Mazzarolo di lui moglie, esercente la villica professione, domiciliata in Santo Zenone.
Testimoni alla presentazione e alla notificazione furono Felice Mazzarolo di anni ventuno compiuti, di professione cursore, domiciliato in Santo Zenone, e Zuanne Pellizzer di anni sessantaquattro, di professione villico, domiciliato in Santo Zenone.
L'atto presente fu letto al notificante e testimoni medesimi.
Testimoni.......
Giovanni Piccinin assistente all'Ufficial civil.




del matrimonio di Maria Maddalena Boffo, anno 1808

Regno d'Italia , dipartimento del Bacchiglione, Distretto di Bassano, Cantone d'Asolo, Comune di Santo Zenone con Liedolo, giorno di giovedì cinque del mese di maggio alle ore dieci antimeridiane dell'anno mileottocento otto, avanti di me assistente all'Ufficial dello stato civile, nonchè in presenza  d'Andrea Favero d'anni trentacinque  di professione falegname, domiciliato in Santo Zenone, di Osvaldo De Bon di anni ventisette di professione calzolaio, domiciliato in Santo Zenone, di Felice Mazzarolo di anni ventuno compiuti di professione cursore, domiciliato in Santo Zenone, e di Zuanne Munerollo di anni venticinque di professione villico, domiciliato in Santo Zenone, sono comparsi per contrar matrimonio Giacomo Todesco detto Lugaro dell'età di anni venti, villico di professione, domiciliato in Santo Zenone, celibe, figlio di Sebastian Todesco villico di professione domiciliato in Santo Zenone, e di Giustina Berton di lui moglie esercente la villica professione, già domiciliata nello stesso comune, e Maria Maddalena Boffo dell'età di anni quindici compiuti,villica di professione, domiciliata in Santo Zenone, nubile, figlia di Domenico Boffo esercente la villica professione, domiciliato in Santo Zenone, e di Domenica Mazzarolo  di lui moglie, villica di professione, già dimorante in Santo Zenone.
Dopo l'aver letto nel modo voluto dalla legge prima l'atto di nascita di Giacomo Todesco in data del dì ventidue Aprile dell'anno milleottocento ed otto, che assicura la sua nascita del dì diciotto settembre dell'anno millesettecento ed ottantotto nel comune di Santo Zenone, Dipartimento del Bacchiglione, distretto di Bassano, Cantone d'Asolo, da legittimo matrimonio di Sebastian Todesco e Giustina Berton jugali di sopra nominati.
Secondo l'atto di nascita di Maria Maddalena Boffo in data del dì ventidue aprile dell'anno milleottocento ed otto, che assicura la sua nascita del dì ventuno marzo dell'anno millesettecentonovantatre nel Comune di Santo Zenone, Cantone d'Asolo, distretto di Bassano, Dipartimento del Bacchiglione, da legittimo matrimonio di Domenico Boffo e di Domenica Mazzarolo jugali soprannominati.
Terzo il consenso in iscritto di Sebastian Todesco e di Giustina Berton jugali in data del primo maggio corrente.
Quarto il consenso in iscritto delli Domenico Boffo e Domenica Mazzarolo jugali in data del dì primo maggio corrente.
Quinto l'atto di pubblicazione della promessa di matrimonio fatta da me li ventiquattro del mese di aprile anno corrente, ed affissa al luogo delle solite esposizioni degli ordini governativi, ed il primo del corrente maggio per la seconda ed ultima pubblicazione, e non fu allegato impedimento alcuno.
Segnato letto il capo VI tit. V del Codice Napoleone dei diritti, e rispettivi doveri dei coniugi.
Gli sposi hanno dichiarato ad alta voce di prendersi rispettivamente per marito, e moglie, ed io ho pronunciato in nome della legge che Giacomo Todesco e Maria Maddalena Boffo sono uniti in matrimonio, ed ho steso l'atto presente che gli sposi e testimoni dopo averglielo letto lo hanno firmato con me.

Testimoni vari......
Giovanni Piccinin assistente all'Ufficial dello stato civil.






lunedì 11 novembre 2019

atto di nascita di Maria Maddalena Boffo di Domenico, 1793

21 Marzo 1793
Maria Maddalena fu di Domenico Boffo quondam Bortolo e di Domenica Mazzarolo jugali nata circa le ore sei della scorsa notte, fu battezzata da me D. Lorenzo Pellizzari . ..Padrini Felice Pellizzari quondam Zuanne, e Margarita figlia di Zuanne Pellizer quondam Antonio.


albero genealogico di Cecilia Maria Boffo di Francesco e Maria Luigia Tedesco, di Ca' Rainati (S. Zenone degli Ezzelini - TV)

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